Le mie sensazioni ...
- Buongiorno, dott. Mariani?
- Sì.
- Marco Mariani?
- Sì… chi parla?
- Il nome Trovato, Enrico Trovato le dice qualcosa?
- No.
- Ah… andiamo bene… e Foligno, 100° AUC?
- ….. ENRICO!
Così il 16 gennaio, all’improvviso, mi sono stato catapultato indietro nel tempo di ben 39 anni.
Luoghi, volti, perfino voci e situazioni, allo stesso tempo chiare e confuse, sono entrate con prepotenza nella mente.
Come acqua che sfonda una diga, la barriera del tempo ha ceduto alle sollecitazioni di Enrico, di tutti voi: una valanga di emozioni m’ha travolto, stordito.
E’ trascorsa una vita, letteralmente, ma allo stesso tempo la percezione è come se vi avessi lasciati di ieri.
Confermo anche quanto ha detto il Marco foggiano: probabilmente, nonostante tutto, è stato l’ultimo periodo spensierato della ns vita.
E questo rende più belli i ricordi di quel periodo, senza nulla togliere, o sminuire, gli aspetti anche meno positivi vissuti, le possibili preoccupazioni che, per quanto grandi ci potessero sembrare allora, viste oggi erano per lo più ben poca cosa.
I miei genitori, nati nel 1920 e nel 1922, parlavano della loro gioventù con nostalgia, come un bel periodo della loro vita: papà era in guerra e mamma sotto i bombardamenti!
Se il solo fatto di essere giovani mitiga anche il ricordo d’un vissuto difficile, se non terribile, come quello, cosa riesce a fare a chi ha condiviso un periodo così sereno e diverso dalle abituali esistenze di allora?
Forse è solo questo? Il vissuto di gioventù?
Dopotutto legammo tra noi a gruppetti, più in confidenza con qualcuno rispetto ad altri, magari per affinità, magari per esperienze e non solo per provenienza (il pù nordico dopo di me era Hasella – da Pisa – che durante la prima notte, girandosi nel letto mi diede pure una sberla…!).
Eppure, per un motivo od un altro, mi sono tornati alla mente tanti episodi: Scotto che mi parlò dell’effetto che gli fece la prima volta che al cimitero del suo Paese, dove c’è l’usanza oramai desueta qui da noi di assegnare ai figli inome di battesimo dei nonni, vide la tomba d’un suo nonno con inciso il suo stesso nome.
O Castionetti che al rientro dall’esercitazione con la pistola, seduti sulla gradinata che scendeva dalla nostra camerata, mi esponeva le sue riflessioni di Cattolico all’uso di un’arma.
E le volte che con Buono girovagammo per S. Damiano.
Ricordo un giorno in cui accompagnai Alfio alla stazione di Foligno dove mi disse che stare lì, con i treni che andavano al sud, lo faceva sentire più vicino a casa: ora, la vostra presenza, anche solo “digitale”, mi fa sentire meno lontano da quegli anni e ancora parte d’un qualcosa che pensavo perduta.
Tutte queste voci, i ricordi dei fatti ma soprattutto le emozioni che mi sono franate addosso all’improvviso e di cui vi sono infinitamente riconoscente - e primo fra tutti ad Enrico - hanno dato la stura ad un’infinità di pensieri e considerazioni. Inoltre, nel sentire le carriere dei colleghi raffermati, m’è venuto da chiedermi come sarebbe stata la mia vita se avessi condiviso quella scelta.
Un po’ come quel film di Nichetti “Stefanoquantestorie” che ha ispirato “Sliding doors” con Gweinet Patrol che racconta la vicenda d’un/una persona se avesse fatto una o più scelte diverse in certi momenti della vita.
Non sono assolutamente pentito di quella fatta, sia per i momenti belli che per quelli difficili, per le soddisfazioni e le amarezze. Sostanzialmente la farei ancora, ma non posso fare a meno di chiedermi: e se....
Carissimi, credo che Mauro abbia ragione: sebbene trovarci prima sarebbe stato bello ora, dopo altri 20 anni di vita, è meraviglioso.
Vediamo le cose con un’altra testa, minore frenesia, maggiore riflessività e consapevolezza.
Almeno credo.
Trovo quest’occasione irripetibile, unica ed emozionante.
E non importa come sarà realmente questo incontro: è già stupendo quello che mi sta dando fino ad ora.
Questa iniziativa di Enrico per me è stata un po’ come il detto “l’appetito vien mangiando”: per anni solo occasionalmente ho pensato a Foligno, al Corso e a tutti noi. Ora non vedo l’ora di sapere tutto: cosa avete fatto, come state, come siete.
Ho proprio voglia di guardarvi e rivedere i vostri sguardi, sentire dal vivo le vostre voci.
Quelle che ho potuto sentire al telefono m’hanno fatto venire la pelle d’oca dalla prima di Enrico fino all’ultima, in ordine di tempo, di Mario Salvi con cui condivisi l’alloggio alla destinazione di prima nomina. Tutte, indistintamente m’hanno commosso.
Purtroppo, come ogni cosa, anche questa iniziativa ha un aspetto difficile, oscuro: qualcuno non potrà essere tra noi.
Miceli è seriamente malato, di Martellini e di Scaramozzino al momento, si hanno notizie più che preoccupanti ma, certe, sono le scomparse di Falco e Borracino
Se ne è andato un altro.
Uno di noi.
Uno come noi.
Una parte di noi.
Da quasi vent’anni ma, sapendolo ora, è come se fosse accaduto oggi.
M’è venuta in mente una bella poesia di John Donne (vi invito a leggerla) che ha dato il titolo ad un libro di Hemingway letto da ragazzo “Per chi suona la campana”.
Credo che sarebbe una degna espressione di ricordo per loro, anche se non proprio una preghiera come suggeriva Saverio.
Ha 500 anni, ma membra scritta oggi per noi, per ricordarci, al meglio della nostra senectute, di Pasquale, di Ruggero, e di tutti coloro che non possono essere con noi.
E’ stata scritta, come Meditazione, da questo signore, poeta, saggista, religioso e chierico della Chiesa d’Inghilterra in un periodo storico durante il quale, quando moriva qualcuno, veniva suonata una campana “a morto” e la gente, sentendola, mandava a chiedere per chi suonasse:
Nessun uomo è un’isola
completo in se stesso;
ogni uomo è un pezzo del continente,
una parte del tutto.
Se anche solo una zolla
venisse lavata via dal mare,
l’Europa ne sarebbe diminuita,
come se le mancasse un promontorio,
come se venisse a mancare
una dimora di amici tuoi,
o la tua stessa casa.
La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce,
perché io sono parte dell’umanità.
E dunque non chiedere mai
per chi suona la campana:
essa suona per te.
G R A Z I E A T U T T I ! !
Di cuore.